venerdì 18 gennaio 2013

Io e Lola (pt.1)

La prima volta che ho incontrato Lola avevo 19 anni. Ero al primo anno di università e stavo facendo un volantinaggio in un quartiere popolare della mia città, invitando la gente ad una manifestazione antirazzista che si sarebbe tenuta qualche giorno dopo. Passai da un balconcino rialzato, che dava sulla strada, dove Lola era seduta su una sedia di legno. Aveva lunghi capelli biondi, un pò cotonati, e una fascia nera sulla testa. Il trucco era molto pesante e le labbra, carnose, rosso fuoco. Era vestita con una sorta di tubino nero, da cui spuntavano queste sottili ma forti gambe, con delle calze velate nere (un pò troppo leggere per il mese di marzo forse) e un tacco vertiginoso. Era a modo suo molto elegante con le gambe incrociate in bella mostra, con la coscia al vento e lo sguardo ammaliante.
Mi avvicinai a lei e le porsi il volantino, con il mio solito sorriso "da volantinaggio" dicendole di che si trattava. 
Che fosse una prostituta era chiaro. 
Chi era Lola davvero l'ho capito solo dopo che mi ha rivolto la parola.

"Dov'è che devo venire?!" col suo accento lanino americano e un fare malizioso. Era servita su un piatto d'argento.
"Ad un corteo antirazzista. Ci saranno dei ragazzi della comunità senegalese che suoneranno i loro strumenti durante il percorso: si ballerà durante tutto il corteo, sarà bello, colorato e allegro. Vogliamo abbattere i muri del razzismo a suon di tamburi e danze, disturbare i facili pensieri dei benpensanti, travolgerli con nostro calore uma..."
"Non vedo perché dovrei venirci, cara."
Infastidita, quasi contrariata, le chiedo se sa gli utlimi avvenimenti della città, con una delle vie più trafficate militarizzata, sequetri irregolari di merci degli ambulanti, arresti per clandestinità, rimpatri..."ma poi scusa, pure tu non sei un immigrata?!"
"Gioia, lo sai che sei molto poco femminile? Poi vestita così..." mi dice, divertita dalla mia reazione, vogliosa
di stuzzicarmi.
Per un attimo guardo le mie Converse impolverate, i miei jeans belli larghi, non ho la borsa, ho tutto quello che mi serve dentro le tasche del giubbotto, poco sagomato, chiaramente nero. Forse quel giorno non mi ero nemmeno truccata. Ah no. Avevo il mascara. 
Ancora più contrariata, anzi proprio incazzata da quell'indifferenza ingiustificata, dalla poca esaltazione per un'iniziativa così bella, penso che è proprio il colmo sentirmi dire una cosa del genere da una come lei. Glielo dico.
Se la ride, di gusto.
"Sei quasi carina quando sei incazzata, tessoro"
Ma renditi conto, penso. La guardo ridere con quelle belle labbra rosse. Il suo sguardo è quasi materno mentre mi guarda corrucciata.
"Adesso vattene, devo lavorare" e allarga le cambe in modo provocatorio, prima di incrociarle nuovamente. "Torna se vuoi, con un tuo amico... o se vuoi, anche tu: non ho pregiudizi". Mi schiaccia l'occhiolino e ride di nuovo, di gusto.
Okei, le dico. Dimmi almeno il tuo nome però.
"Lola, sono Lola. Vai via però! Mi fai perdere clienti!" mi dice spazientita, ormai senza sorridere più. Guarda un uomo di mezza età che mi è appena passato dietro, guardandola. Ci supera, svolta l'angolo. E' andato. Ma tornerà.
La saluto, velocemente. 
Svolto l'angolo anche io, che non so che pensare. 

Questo è stato il mio primo incontro con Lola, latino americana, prostituta di professione, transessuale.

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