venerdì 11 gennaio 2013

Una macchina d'amore...o un amore di macchina?

Sono stati i brividi, le gioie delle prime libertà, le lacrime, le prime canne per strada, i dolori nel vedere il risultato dell'ingiustizia sociale, i discorsi sul mondo, la filosofia e la politica davanti a una bottiglia di vino mezza vuota che mi hanno spinta all'azione politica militante. Le emozioni, tutte belle seppur brutte, sono state a convincermi che qualcosa dovevo pensare, qualcosa dovevo fare, qualcosa dovevo mettere in gioco. Su tutte l'amore, incondizionato, ostinato e presuntuoso per tutti i Sud del mondo, per tutti i sottoproletari, gli emarginati e gli sfruttati del mondo... l'amore, appunto, mi ha ispirata, guidata e attraversata, cellula dopo cellula, e mi ha condotta di assemblea in assemblea, da collettivo a collettivo, da manifestazione a manifestazione, portando a mettere in gioco tutto di me stessa. Tutto. E mentre camminavo, correvo, tra assemblee, cortei, assemblee, manifestazioni, assemblee e ancora assemblee, gli sgambetti, gli schiaffi e i calci della realtà fatta di celerini, denuncie, borghesia e benpensanti, "compagne e compagni" vetero e "primedonne" logorati dai loro insuccessi passati, per niente disposti a fare autocritica, conservatori della rivoluzione, attaccati al contropotere nemico del potere.
Da assemblea ad assemblea, da corteo a corteo sono diventata una macchina di militanza politica, incallita, dura: non più i sorrisi dell'ingenuità, non più gli sguardi dell'idea di pace, giustizia sociale e libertà,non più risate e colori, non più nemici lontani ma sempre più vicini e impensabili, non più lacrime di pietà o dolore. Solo espressioni corrucciate dalla concentrazione e il disappunto, le spalle e lo stomaco appesanti dai contesti difficili, dalla volontà bloccata dalle contingenze, la freddezza dell'assassino, del mostro. E la rabbia. Sempre di più. Che diventa nervosismo. Che diventa un muro fatto di ira e rancori, di dolori e illusioni spezzate. Ma si sa: a te, militante, in prima linea, non è richiesta tenerezza, pietà, tristezza, felicità. Solo freddezza, precizione millimetrica, concretezza, impassibilità: il lavoro deve essere finito, bene, pulito.
Sono diventata il Gobbo di Notre Dame, rinchiuso su nel campanile, solo, coi suoi difetti e le sue debolezze, con un volto e delle mani invisibili al mondo, all'amore, al sole.
Ebbene caro mondo, cara politica, care compagne e cari compagni... io voglio amare e voglio essere amata, voglio ridere, voglio piangere davanti alle ingiustizie, voglio ridere delle piccole vittorie, voglio assaporarle. Care compagne e cari compagni, voglio essere libera e colorata.
Soprattutto, voglio essere orgogliasamente debole, fragile, piena di difetti e perplessità. Perché io, sfegatata anticapitalista e antifascista, è propio la debolezza e l'imperfezione umana voglio difendere, che voglio amare e che amo. Voglio amare la politica delle idee ma, soprattutto,degli uomini e delle donne della storia, del presente.
Io non voglio fare parte di una realtà violenta e disumana, calcolatrice e fredda. Io la realtà non la voglio abbattere con le sue stesse armi. L'unico odio che voglio provare è quello che nasce dall'amore per i Sud del mondo,  per tutti i sottoproletari, gli emarginati e gli sfruttati del mondo.  

Nessun commento:

Posta un commento